– Tesoro di mamma, da grande potrai avere tutto quello vuoi!»
– Tutto?
– Tutto tutto!
– Mmm…

Se la terra ferma era la metafora della solidità, della sicurezza e di una insperata salvezza. Oggi non si può più dire che lo sia. È, forse, il contrario: il posto più ostile dove approdare. Qualunque sia la costa. Da quelle rigogliose del mondo occidentale ricco a quelle dove i genocidi vengono ignorati, mascherati e ridotti a speculazione edilizia.

Residenza Arcadia è un condominio isolato dove gli anziani abitanti vivono sotto un fragile equilibrio fatto di regole rigide, diffidenza reciproca e paura costante, in un Paese dominato da una dittatura opprimente.
L’arrivo dei nuovi inquilini, “diversi” agli occhi dei vecchi condomini, incrina quell’ordine apparente e scatena sospetti, delazioni e tensioni crescenti, alimentate dai riflessi appuntiti di un Partito che impone obbedienza in cambio di sicurezza.
Il condominio stesso si rivela una gabbia di scale, dove il conformismo e la paranoia si trasformano in strumenti di autocontrollo collettivo e ogni barlume di libertà viene sacrificato in nome dell’ordine precostituito.
La comicità è la lama che affetta la routine di tutti i giorni rivelando l’ipocrisia rassicurante dei piccoli gesti, mentre ridiamo senza accorgerci che siamo già parte del meccanismo.






A volte non scegli davvero. A volte puoi solo sopravvivere. Parlare di privilegio economico è anche questo: riconoscere che non tutti partiamo dallo stesso posto e con gli stessi strumenti, né abbiamo le stesse reti e sicurezze a cui tornare.
Eppure, spesso, quelli che possono permettersi coerenza assoluta sono quelli che per primi puntano il dito, molte volte senza esporsi, senza analizzare gli strati di complessità verso il quale il loro dito indice sta puntando.
Parlare di privilegio economico, secondo me, serve a smascherare i meccanismi che ci dividono. Ma la sola consapevolezza non basta: serve organizzarsi, unire fragilità e rabbia, non per redimersi, ma per cambiare le condizioni materiali che ci obbligano a questi compromessi. Perché la solidarietà non è uno slogan: è un’azione collettiva.
Guardare in faccia le contraddizioni è il primo passo per affrontarle insieme.

Hai presente quando tutto è semplice, lineare, con un futuro prossimo tutto sommato abbastanza semplice da predire. Non è questo il caso.
Il presente, figuriamoci il futuro, è un casino. Molte persone si sono schierate (come me) molte persone non ancora. Molte persone sanno esattamente come andrà (e queste ultime sono quelle di cui mi fido di meno), altre accettano la stratificata complessità del presente, e le innumerevoli distorture che può prendere la nostra linea temporale. Il caos. Un caos inquietante che cerchiamo di mitigare con azioni spesso inutili, nonsense, ripetitive, che ci possano dare una effimera parvenza di controllo, mentre i violisti suonano e le persone si accalcano sulla prua.
Non è una strip consolatoria. Non è divertente. È un urlo soffocato, un vuoto in cui l’unico suono è uno “Stonk!”. Ma non sono solo. Non sei solə. Siamo in tantə, e questa è la nostra forza. Possono disorientarci, possono spaventarci, ma non possono zittirci. Non ancora.


Zena e Attilio, in Piovono Corvi, ad un certo punto si ritrovano a casa di Carlito, una sorta di Mr. Wolf che risolve problemi. È lì che conoscono quella che io, tra me e me, chiamo La Dama Bianca. Un po’ come quando Frodo e i suoi bodyguard incontrano Dama Galadriel. Quando lavoravo allo storyboard di Piovono Corvi ho pensato proprio a Galadriel, ma corrotta, imprigionata, vendicativa… umana.





Dai Colossi del Tempio maggiore di Ramses II a L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, dal mecenatismo mediceo alla pinacoteca Agnelli o la collezione della famiglia Berlusconi (e di esempi se ne potrebbero fare mille) l’Arte, in tutte le sue forme, non è mai stata commissionata o posseduta per una semplice questione di gusto personale ma anche e soprattutto per ostentare ricchezza, prestigio sociale, prosperità, autorità e consolidare il proprio potere.
Esattamente come la Dama Bianca. E non è un caso se le stanze per le quali si aggira siano intonse, pulite, non rovinate o sporche, come disegno di solito le ambientazioni dei miei fumetti: le stanze della Dama Bianca sono un tempio dove giustizia e verità si uniscono, cambiando bruscamente il percorso di Zena e Attilio.




È per questo (e non me lo sono inventato io) che l’arte è preservata fino alla fine, anche in un mondo che si sgretola minuto dopo minuto.